Illustrissimo presidente Mattarella… Lettera aperta al (siciliano) Capo dello Stato

Illustrissimo presidente Mattarella,
siciliano e fratello di Pier Santi, l’ultimo Presidente della Regione Siciliana.
Mi ha molto colpito la standing ovation che i primi cittadini dei comuni della Repubblica – che Ella rappresenta – hanno riservato al Presidente in occasione della XLI Assemblea annuale dell’ANCI.
Sono gli stessi sindaci che lo Stato, di cui ha il privilegio di essere il Capo, lascia in balia della quotidianità e spesso dell’improvvisazione a “fronteggiare i bisogni” delle rispettive comunità.
È come se gli stessi sindaci – per il tempo in cui si è ritrovato nel ruolo di “coach” della Nazione – avessero dimenticato la sofferenza e le quotidiane umiliazioni dei popoli che amministrano. Tra questi i restanti siciliani che vivono, come nel resto dell’Italia, nelle aree interne a cui Ella ha fatto più volte riferimento nel discorso motivazionale rivolto alla “magnifica raffigurazione dell’Italia intera”.
Coloro a cui è negato il diritto di residenza e la “cittadinanza sostanziale”, come se fossero nati per errore in quelle aree (da sempre) sconosciute alla politica, che ci piace definire Terre alte, luoghi sospesi tra il mare e il manto luminoso. Paesaggi a cui con orgoglio apparteniamo.
Non me ne vogliano i sindaci metropolitani o dei comuni incastonati in altre realtà, il mio è un ragionamento sfacciatamente di parte e di chi vive i disagi della doppia insularità, sulle Madonie per l’appunto e a titolo di esempio, un’isola dentro un’isola.
I sindaci hanno l’attenuante della Fascia. Indossandola (molto) spesso dimenticano tutto il resto.
A ogni buon conto, nel rileggere il suo discorso e non essendo vincolato alla “Fascia” mi permetto di farle notare alcuni passaggi del suo dire, che, a mio avviso, rimane nel perimetro della bella loquela, questo mi ha spinto a uscire fuori, con questa lettere aperta, dall’ipocrisia delle parole (“libertà del confronto, è condizione di salute per l’Italia”).
Lei ha evidenziato l’aspetto di fragilità, delle Terre alte (anche) di Sicilia, “per la rarefazione dei servizi, lo smantellamento di infrastrutture realizzate con sacrificio in passato”.
E ancora, “la Repubblica non può abbandonare territori e popolazioni così essenziali alla propria integrità e identità”.
Ha definito “indispensabile” e finanche da “implementare” la fallimentare (!) esperienza della “Strategia nazionale per le aree interne”. Se ne parla da anni, mentre da risorsa le aree sconosciute sono diventare condizione critica e, come ha detto, un “assurdo spreco di beni”. Ho motivo di credere che sulla SNAI al Quirinale sia stata prospettata una realtà fiabesca.
Al Lingotto di Torino l’hanno applaudito i sindaci dei comuni che occupano il 60% del territorio italiano in cui vivono circa 13 milioni di restanti.
Tra questi c’erano diversi primi cittadini delle Terre alte di Sicilia, che rappresentano circa il 30% del paesaggio isolano (sconosciuto e “volgarmente” definito area intera) e l’intera comunità residente.
A proposito di non “abbandonare territori e popolazioni”, ad applaudirla c’erano gli stessi sindaci che in data 14 ottobre 2019 Le inviarono una nota contenente un accorato appello che descriveva ciò di cui le comunità restanti hanno bisogno per uscire dalla marginalizzazione che “incide sul diritto di cittadinanza”, a firma di un sindaco e del coordinatore regionale il comitato per l’istituzione delle zone franche montane in Sicilia.
Si tratta di piccole realtà rurali, – spiegavamo nell’appello –  con un passato millenario, nelle quali si sta sradicando la popolazione locale, che pure qui è nata, è cresciuta e ha studiato.
Le chiedevamo di sostenere ed esortare gli organi istituzionali proposti a definire l’iter legislativo che disponeva l’istituzione delle zone franche montane in Sicilia, proposta assolutamente compatibile con gli obiettivi dello Statuto della Regione Siciliana, uno strumento che, se applicato, potrebbe cambiare la vita ai siciliani (tutti!), conferire certezza ai rapporti giuridici con lo Stato (da sempre sleale nei confronti del popolo siciliano) e risollevare le sorti di questa terra martoriata.
A questo appello seguì una richiesta di audizione, sempre a nome dei 158 sindaci, datata 23 dicembre 2019. La informavamo che l’ARS aveva da poco approvato all’unanimità lo “Schema di progetto di Legge da proporre al Parlamento della Repubblica per l’istituzione delle ZFM in Sicilia”.
I suoi conterranei chiedevano di essere ricevuti per rappresentarLe la proposta che avrebbe attenuato le ingiuste sperequazioni economiche e strutturali che colpiscono in particolare e da troppo tempo, i restanti delle Terre alte siciliane.
Dopo mesi di attesa ricevemmo una risposta dal Quirinale che invocava “comprensione” e spiegava che il Presidente “non è in grado di accogliere la Vostra proposta, a causa dei pressanti impegni istituzionali che lo attendono quotidianamente”.
In un’altra occasione Le chiedemmo, in quanto garante della Costituzione, l’applicazione dello Statuto (fonte di finanziamento della nostra proposta di Legge), la disapplicazione viola la Costituzione e anche il diritto di risiedere nelle nostre montagne.
Qualche giorno prima del 6 maggio 2022, Le chiedemmo, ancora una volta, di ricevere una delegazione di sindaci e dell’Associazione zone franche montane Sicilia.  Quella mattina organizzammo un sit-in in piazza di Montecitorio, a Roma, al fine di sensibilizzare le Istituzioni parlamentari a definire l’iter di approvazione della Legge voto licenziata il 17 dicembre 2019 dal Parlamento siciliano.
A Roma giunsero 110 sindaci e amministratori in rappresentanza delle comunità residenti nelle Terre alte di Sicilia, sindaci e rappresentanti del Comitato regionale fummo ricevuti da tutti i presidenti dei Gruppi parlamentari di Camera e Senato e da due Ministri della Repubblica. Ricevemmo anche una telefonata dalla segreteria particolare del presidente del Consiglio, Mario Draghi, che ci assicurava l’incondizionato sostegno (ne abbiamo avuto concreto riscontro!).
Qualche settimana prima chi scrive, insieme al sindaco di Alessandria della Rocca, fummo ricevuti dalla Presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati e prima ancora auditi in Commissione Finanze e Tesoro del Senato, presideduta dal senatore Alberto Bagnai e dopo dal collega Luciano D’Alfonso.
Anche questa volta non ritenne opportuno ricevere una delegazione del Comitato regionale, né tantomeno di delegare qualcuno dei suoi autorevoli Consiglieri, qualora impossibilitato.
In verità sarei tentato di portare alla Sua autorevole attenzione di altri torti subiti dal popolo siciliano e che non sono stati adeguatamente stigmatizzati dal Suo Ufficio. Non avrebbe dovuto farlo da siciliano, ma da arbitro delle Istituzioni. L’elenco del maltolto sarebbe lungo. Uno tra i tanti ciò che accadde in quei 170 minuti che cambiarono le sorti del popolo siciliano a seguito di scelte fatte dalla Commissione Paritetica in palese violazione della Carta costituzionale della Regione Siciliana.
Il 25 maggio 2016 dalle ore 16,50 alle ore 19 a Roma e il 28 luglio 2017 dalle ore 18,15 alle ore 19 a Palermo.
Signor Presidente per salvare le c.d. aree interne della nostra Nazione ci vogliono scelte visionarie e coraggiose, di certo non Leggi che “dispongono il riconoscimento e la promozione delle zone montane”, come quella approvata dal Parlamento nelle scorse settimane.
Questa norma appare come una “macchina” a cui è attaccata la vita di chi ha deciso, per i più svariati motivi, di non recidere il legame con la propria terra d’origine. Come a dire (anche) a chi non ha la possibilità di scappare dalle montagne/aree interne/Terre alte, resistete fino all’ultimo restante e poi… E poi?
Arrivederci in Sicilia, signor Presidente, magari per “Fare la Sicilia” e con un “carico” di decimi di IVA e di IRPEF, a proposito dei “170 minuti” che cambiarono le sorti dei suoi conterranei.
Con sincera stima.

Vincenzo Lapunzina
Direttore responsabile