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Iva all’importazione e accise sottratte al popolo siciliano nel nome della “leale collaborazione”

Nel 2023, tra maturato e riscosso in Sicilia, lo Stato ha incamerato oltre 4 miliardi di euro di Iva all’importazione e continua ad incassare l’intero introito delle accise su prodotti energetici ed energia elettrica, nonostante una Legge del 2006 prevedesse il contrario.
Ovviamente nel nome della “leale collaborazione”, corroborata dalla assenza di autorevolezza politica dei governi regionali che negli anni si sono succeduti, in ultimo, ma non per ultimo, del governo Schifani che regna la XVIII Legislatura delle Regione Siciliana.
Secondo i dati che ci ha fornito la direzione internal audit, dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, per il 2023, l’IVA su “importazioni relativa a operazioni doganali registrate presso gli uffici delle Dogane delle DT VII Sicilia”, da parte di aziende che hanno la sede legale fuori dall’isola (maturato) ammonta a € 2.377.514,43 (in migliaia di euro).
Il riscosso IVA, invece, su “importazioni relative a operazioni effettuate in Italia da ditte che hanno la Partita IVA con sede legale nelle province della Sicilia”, lo scorso annno si è attestato in € 1.781.513,40 (in migliaia di euro).
Il pallottoliere della Ragioneria generale dello Stato al 31 dicembre 2023 ha segnato euro 4.159.027.43o (miliardi!), che si vanno ad aggiungere ad altre “trattenute” che lo Stato “lealmente” si trattiene a danno del popolo siciliano, per un valore complessivo di oltre venti miliardi di euro annui.
Per la cronaca il saldo del riscosso e maturato in Sicilia [trattenuto (lealmente?) dallo Stato] nel 2020 è stato di euro 2.616.900,47, nel 2021 si è attestato ad euro 4.361.277,28 (migliaia di euro). La pandemia potrebbe avere influito sul dato del 2020.
“Lealtà” che, di fatto, si consuma in violazione delle Leggi e dei dettati Costituzionali.
Lo Stato continuerebbe a considerare l’IVA all’importazione (cospicuo cespite tributario venuto alla ribalta da quando in Sicilia si discute di finanziare la nosma di politica economico istitutive le zone franche montane) un dazio doganale (IGE) di propria “esclusiva competenza”.
Al contrario degli articoli 36 e 37 dello Statuto autonomistico, interpretati a convenienza, sull’articolo 39 a Roma non hanno dubbi: “Il regime doganale della Regione è di esclusiva competenza dello Stato”.
Carte alla mano, possiamo – da cronisti di campagna – non essere d’accordo e invocare un chiarimento nei c.d. tavoli tecnici tra lo Stato e la Regione Siciliana?
A dire il vero più che un chiarimento, o l’emanazione di una specifica norma di attuazione dello Statuto – che di fatto dovrebbe promuovere la Commissione Paritetica Stato/Regione – occorre la giusta collocazione giuridica assegnata all’IVA all’importazione.
Ovvero, trattasi di una imposta diretta, così come specificato da alcune sentenze della Corte di Giustizia europea, come tale secondo la Costituzione dovrebbe rimanere (10/decimi) nella disponibilità del popolo siciliano.
L’altra questione sulla quale la Regione Siciliana continua a cedere il passo (?) è quella relativa alle entrate erariali da accisa su prodotti energetici ed energia elettrica (raffinerie e produzione di energia elettrica anche da fonti rinnovabili). Nel 2023 l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ne ha incamerata € 2.087.161.820 (miliardi!).
Nel 2020 € 1.757.660,00 e € 1.870.000,00 (migliaia di euro) nel 2021.
Secondo la Legge finanziaria del 2007 (L. 296/2006) una parte di accise prodotta in Sicilia avrebbe dovuto essere destinata ad alleggerire la spesa sanitaria della Regione (la sanità è una delle materie concorrenti che lo Stato condivide con la Regione, quasi in parte equali).
Insomma lo Stato, dall’entrata in vigore della Legge 296/2006, avrebbe dovuto retrocedere negli anni alla Regione Siciliana una parte di accise nella misura del 20 al 50%, a condizione che fossero state emanate apposite norme di attuazione dello Statuto in materia sanitaria.
Cosa che altre Regioni a Statuto speciale hanno già fatto, avendo chiare le modalità di trasferimento degli oneri per l’integrale finanziamento del servizio sanitario.
In Sicilia, come da copione recitato dal 1946, tutto questo non è avvenuto al punto che con un colpo di spugna a dicembre 2022 il governo regionale ha rinunciato a quanto spettava di accise (secondo la Legge finanziaria 2007) alla Regione Siciliana. Oltre 8 miliardi di euro che avrebbe potenziato la qualità del servizio sanitario in Sicilia, ridotto a Livelli Essenziali di Carità (LEC) ben lontani dai costituzionali Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).
Tutto questo è avvenuto per una colpevole (impunita o impunibile?) distrazione/omissione della Commissione Paritetica che nel tempo non ha determinato quanta parte delle accise devono essere ogni anno retrocesse alla Regione Siciliana per far fronte agli oneri dell’assistenza sanitaria.
Su quanto scritto vorremmo essere smentiti, ma se così non fosse sarebbe opportuno che i responsabili – a tutti i livelli istituzionali – né prendessero atto e chiedessero scusa a quanti ogni santo giorno in Sicilia si affannano (subendo tante umiliazioni) per ottenere, tra molto altro, una visita specialistica che il SSR dovrebbe garantire in tempi dignitosi, quindi un’adeguata assistenza sanitaria.
Le risorse ci sono, quella che è mancata è l’autorevolezza della politica regionale nel difendere i diritti del popolo che amministra.