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Madonie. L’unione dei comuni e il bastone “lecca-lecca”

La c.d. “unione comuni madonie” è un ente farlocco in quanto costituito in palese violazione dell’articolo 41 della Legge 15/2015.
Sulla valutazione dell’ennesimo arbitrio, operato da chi ha imposto questa forma pattizia ai sindaci, assolutamente consapevoli dell’illegalità che stavano commettendo, dovrebbero pensarci le Procure della Repubblica di Palermo, Termini Imerese e la Magistratura contabile. Al momento non ci è dato sapere le ragioni per cui “l’unione” continui ad operare nel limbo dell’illegalità.

Nuova forma pattizia

La necessità di costituire una nuova forma pattizia tra Comuni è stata imposta dalla Strategia Nazionale Aree Interne che fin dagli albori (2013) auspicava che i Comuni “partecipanti a ogni area-progetto” si organizzassero in “forme appropriate di associazione di servizi” e solo a questa condizione anche le 5 aree interne siciliane sarebbero state riconosciute negli Accordi di Programma Quadro fra Enti locali, Regioni e Amministrazioni centrali.
Ultimamente in Sicilia, nonostante fosse stato registrato il fallimento dell’attuazione della Strategia e il disconoscimento (di fatto) del padre putativo della stessa, la Regione (anche su pressione dei territori) le ha portate a 11, senza ispirarsi a un reale atlante dei bisogni ma bensì sulla spesa-rendicontazione.

Chiamati al buon governo

La mission della Strategia sarebbe quella del “sostegno della competitività territoriale sostenibile, al fine di contrastare, nel medio periodo, il declino demografico che caratterizza le aree interne del Paese”. L’obiettivo, invece, sarebbe stato quello di “creare nuove possibilità di reddito e di assicurare agli abitanti l’accessibilità ai servizi essenziali (trasporto pubblico locale, istruzione e servizi socio-sanitari) nonché di migliorare la manutenzione del territorio stesso”.
Insomma tutti i territori sono stati chiamati a dimostrare le buone capacità di governo.

“Buone capacità”

In questo le Madonie avrebbero sempre dimostrato di avere “buone capacità di governo”, non si comprende di cosa, considerato che negli anni il processo di desertificazione umana e imprenditoriale non si è mai arrestato, a fronte di ingenti risorse destinate negli ultimi 5 lustri a questo territorio e sperperate senza avere una visione reale del futuro.
Per sopravvivere ai tempi che cambiano il “buon governo” madonita avrebbe avuto necessità di rimanere in pole e contrariamente alle altre aree interne siciliane (Calatino, Nebrodi, Terre Sicane e Val Simeto), che come forma pattizia hanno scelta la Convenzione tra Comuni, ha imposto al territorio di aggregarsi sotto forma di “Unione di Comuni”.

Divieto di istituire nuove entità

L’articolo 41 della Legge 15/2015, che non è stata pubblicata sulla Gazzetta dello Sport ma in GURS non lascerebbe spazio a interpretazioni. “È fatto divieto ai comuni di istituire nuove entità, comunque denominate, ivi compresi gli organismi di cui agli articoli 31 e 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per l’esercizio associato di funzioni, fatte salve quelle previste per legge nonché le convenzioni per l’espletamento di servizi”.
Il comma 2 dell’articolo 52 della stessa invece indica che “È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione”.
I sindaci che il 18 marzo 2017 hanno sottoscritto l’atto costitutivo, consapevoli dell’illegalità (tra l’altro formalmente evidenziata dal sindaco protempore di Castellana Sicula, Giuseppe Di Martino), le Procure della Repubblica di Palermo e Termini Imerese, la Procura della Corte dei Conti Sicilia e quante altre Istituzioni a conoscenza dell’insanabile anomalia, non si riconoscono tra gli annoverati a cui spetta il controllo?

L’indifferenza (?) dei segretari comunali

Tra i “chiunque” ci sarebbero anche i segretari comunali, dei Comuni che partecipano all’ente nullo (l’atto costitutivo non è sanabile se non da una Legge regionale che retroattivamente sani l’impostura). Pare che le figure apicali della burocrazia dei Municipi siano stati dispensati dall’onere della verifica sulla legittimità degli atti che le amministrazioni comunali e i Dirigenti d’area producono, a favore o per un ente forzatamente “riconosciuto”.
La dispensa discenderebbe da una norma pubblicata sulla Gazzetta dello Sport.

Valutazione politica e “allegria”

Sull’unione dei comuni madonie (lo scriviamo appositamente con le iniziali minuscole) ci sarebbe da fare anche una valutazione politica, trattandosi di una “cosa” astratta è difficile cimentarsi, tuttavia, qualora si trattasse di un Ente reale verrebbe da dire se il sistema intercomunale nel tempo abbia costituito l’innovazione tecnologica (pretesa dalla Strategia) e se sono state “superate le criticità organizzative che condizionano l’erogazione dei servizi e dare una visione comune dello sviluppo del territorio”.
Diciamocela tutta, le criticità organizzative superate li ritroviamo nella creazione della Centrale Unica di Committenza e nel conferire incarichi – a chiamata diretta e in assenza di una long list – in forza di una norma che favorisce percorsi “allegri”.

Visione comune e “nemici”

La visione comune dello sviluppo, invero, è riservata a coloro che rimangono nel perimetro del cerchio magico, tracciato da chi detiene il bastone “lecca-lecca” dell’organizzazione.
Noi a queste condizioni, che non mettono sullo stesso piano i restanti e gli Enti pubblici, in merito al rispetto delle Leggi, preferiamo essere considerati  “nemici delle Aree interne”, opponendoci alle “iniziative dei (discutibili, ndr) soggetti portatori di innovazione e costruttori di ponti verso altre comunità, altri territori” e il proprio conto corrente, o quello degli amici.
Non ce ne vogliano i dirigenti del Formez PA.