Editoriale - di Vincenzo Lapunzina
Parco delle Madonie. Suidi, daini e Commissario fuori controllo. Intervenga l’Esercito e la politica
Set 20, 2024
La vita sulle Madonie scorre nel paradosso. Anziché discutere su come favorire la restanza, di nuovi metodi (quelli messi in campo sono risultati fallimentari!) e strumenti normativi utili a frenare la desertificazione umana e imprenditoriale in atto, si continua a dibattere dell’invasione di suidi e daini, che infestano l’intero paesaggio madonita, nel Parco e fuori dal perimetro dell’area protetta.
In verità di bizzarro sulle Madonie c’è anche la definizione di “area protetta”, ovvero di un paesaggio, quindi di un Parco, a cui è rimasto ben poco da proteggere se non la geomorfologia. Di questo se ne occuperà il GAL Madonie, è il business del futuro, parlare di orchidee, in tempi di meteoriti o di Geopark Unesco, non sarebbe più alla moda.
Una cosa è certa. Quella dell’invasione dei suidi e daini non può essere classificata come un’emergenza. L’emergenza è una circostanza imprevista.
L’eruzione dell’Etna è una circostanza imprevista, come il terremoto, per certi versi l’alluvione in Emilia Romagna.
La definizione “emergenza suidi” o “emergenza daini” appare come un abuso dell’uso de termine.
La proliferazione incontrollabile di queste specie non autoctone era prevedibile fin dal momento in cui irresponsabilmente e impunemente (!) sono stati immessi nel paesaggio madonita. Adesso tutto fa capo all’incapacità (o alla mancanza di volontà?) di affrontare radicalmente il problema e di trovare soluzioni definitive.
Abbiamo sempre sostenuto che la strada da percorrere è quella dell’eradicazione delle specie, non di certo della commercializzazione delle carni a seguito di disorganizzati e poco efficaci piani di abbattimento, affidati alla disponibilità volontaria del gruppo di selettori, ovviamente, non obbligati a partecipare a tutti gli appostamenti.
Non abbiamo mai lesinato di commentare l’incapacità della governance dell’Ente Parco, per giunta commissariato e affidato a un soggetto nominato dalla politica, responsabile del decadimento del sistema Parchi in Sicilia (tutti commissariati da anni).
Un Commissario nominato dal governo regionale in carica, che non rappresenta nemmeno il territorio, non ha l’autorevolezza necessaria per confrontarsi con l’Assessore al Territorio e Ambiente, c’è da dire che entrambi vivono il dramma dello #staisereno al risveglio; al mattino potrebbero ritrovarsi con l’esonero riportato sui quotidiani on line, i primi che si consultano all’alba.
Si discute di tutto, dai “chiusini” per la cattura dei suidi, alla commercializzazione a prezzo di “basso macello” degli esemplari abbattuti.
Si discute di coinvolgere finanche la c.d. “unione dei comuni madonie”. È avvenuto nel corso di un incontro pubblico che si è tenuto nei giorni scorsi a Polizzi Generosa, promosso dall’associazione “Azione Madonie”, formata da agricoltori e allevatori ormai allo stremo per i danni che subiscono da anni.
Gli stessi sindaci, incapaci di affrontare la questione in seno al Consiglio del Parco o di dare un indirizzo politico al Commissario, oramai fuori controllo, sarebbero chiamati a dare un contributo in un contesto che ha concretizzato la propria mission nella divisione di incarichi professionali per i più disparati scopi.
A proposito di chiusini (ovvero gabbie-trappole adibite alla cattura), il Comune di Collesano (con tanto di endorsement del Commissario del Parco al sindaco), affronterà un investimento di 10 mila euro per acquistarli. Risorse che potevano essere utilizzate per sostenere le innumerevoli criticità sociali, invero, destinate (per disperazione) alla “difesa”. A riguardo, è una vigliaccata istituzionale scaricare il problema e i costi della gestione (non risolutivi) sui comuni, quindi sulle comunità residenti.
Suvvia, la questione è seria e investe la pubblica incolumità, la battaglia impari che combattono gli agricoltori e allevatori madoniti (esasperati e inascoltati) contro l’infestazione di suidi e daini e l’irrimediabile devastazione della biodiversità di cui il Parco delle Madonie si vantava, a pieno titolo, a livello internazionale.
A proposito di allevatori. Un gruppo di Geraci Siculo, che in questa stagione pascolano la mandria di vacche e le capre nei territori alti di Geraci Siculo e Petralia Soprana (tra i 1200 mt e 1370 circa), nei giorni scorsi si sono imbattuti in diversi “gruppi” di daini (maschi e femmine), ne hanno “contati 137”. Ovviamente a “pascolo abusivo”. Un po’ più a est una orda di “12 scrofe e circa 180 maialini, magroni e maschi adulti”. Tutto questo è avvenuto in un “fazzoletto di terra”. Immaginate cosa accade e quanti esemplari vivono e si riproducono (indisturbati) nell’intero paesaggio madonita.
L’unica strada da percorrere, lo ribadiamo, per le ragioni che abbiamo espresso, è l’eradicazione. Percorso che passa dalla proclamazione dello stato di emergenza, da parte del Governo regionale, da sostenere politicamente a Palazzo Chigi, che lo dovrebbe confermare.
Per la cronaca. Ad agosto 2018, all’indomani della tragedia che si è consumata a Cefalù (un ottantenne è stato aggredito da un esemplare adulto di suido), l’Assessore al Territorio e Ambiente, Maurizio Croce, fece predisporre l’atto di richiesta dello stato di emergenza da approvare in Giunta regionale. La scelta politica sarebbe stata stoppata dal presidente del Parco delle Madonie del tempo, probabilmente per le pressioni esercitate dalla comunità dei cacciatori che da sempre aspirano a cacciare i suidi e i daini in area Parco. “Sport” che la Legge vieta categoricamente. Legge che non è contemplata nelle Tavole di Mosè e che può essere cambiata. La tutela della biodiversità dovrebbe essere materia di interesse nazionale, oppure non è contemplata nel pizzino delle lobby che guardano allo spazio?
La condivisione da parte del Governo nazionale della “richiesta di aiuto” di Palazzo d’Orleans, aprirebbe la strada al Ministero della Difesa di organizzare una gigantesca e sostenibile (!) operazione militare di addestramento, quindi di risanamento di ciò che la mala gestione (impunita!) ha lasciato in eredità a chi oggi vive in queste Terre alte e a chi ne trae sostentamento economico per le famiglie, come gli allevatori e gli agricoltori (o chi coltiva per hobby il proprio appezzamento di terreno, non dimentichiamoli) delle 15 gemme del Parco. Una volta, quando c’era qualcosa da salvaguardare e di unico al Mondo, i comuni erano accostati alla “meraviglia”.
Adesso è diventato il “Parco di Totò” (ahinoi!), nel quale il volare improvviso di una pernice è rimasto un ricordo del passato.
“Volano”, come stormi di cornacchie, solo comunicati stampa autoreferenziali.